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 Cosa intende fare il comune (e quando) per la qualità della balneabilità?



27 luglio2009 - La Voce di Romagna

di Giuliano Bonizzato

C'era una volta la "Diga Mobile" o "Soglia galleggiante", una delle più solenni e costose "patacate" studiate dal Comune di Rimini per risolvere il problema dell'invaso del Ponte di Tiberio. Questo "marchingegno" avrebbe dovuto abbassarsi una volta sommerso dall'acqua dell'"invaso", adeguandosi altresì all'andamento delle maree. Non funzionò praticamente mai, nonostante i 7 miliardi di vecchie lire (di allora!) spesi per manutenzioni e sistemazioni varie. Così i piloni dell'Antico Ponte Romano, simbolo con l'Arco d'Augusto della nostra Città, sono rimasti immersi, per decenni, in una sorta di stagno melmoso e maleodorante.
Nel 1994 il Prof. Dott. Mario Rossi e il Prof. Ing. Gianni Luigi Bragadin dell'Università di Bologna, nominati consulenti dal Comune, proposero una soluzione semplicissima e relativamente poco costosa. Innanzitutto, come è ovvio, l'eliminazione della sciagurata "Diga Mobile". Quindi il deflusso di acqua dolce da monte, utilizzando le acque del depuratore che, pur avendo già subito il trattamento completo, avrebbero dovuto, per maggior sicurezza, passare anche attraverso una serie di laghetti lungo l'asse del parco per liberarsi ulteriormente del loro carico fertilizzante di nitrati e fosfati. L'acqua del depuratore così filtrata e purificata avrebbe provocato, finalmente, il ricambio idrico dell'invaso e una superiore qualità del mare sottocosta.
Il Consiglio Comunale, in una seduta del novembre 1999, accogliendo una mozione di Gioenzo Renzi, ritenne "di particolare interesse rinaturalizzare quest'area di pregio della città e della costa, in un nuovo equilibrio ambientale e paesaggistico con il ripristino dello scorrimento naturale e continuo di acque dolci, per ridare vita al Parco, al Ponte e al Porto restituendoli all'interesse della città e per ottenere quel ricambio di cui da decenni si sente la mancanza."
Eliminata la finalmente la sciagurata Diga, ci si aspettava che a queste belle parole seguissero i fatti. Tanto più che dagli studi effettuati emergeva che deviando le acque del depuratore nel Parco Marecchia non solo si otteneva un Parco esteticamente più gradevole, si salvavano i piloni del Ponte Romano dalla corrosione operata dalla salsedine, si eliminavano melma e puzza e si creava una nuova via di deflusso per le portate eccezionali del Marecchia evitando così il periodico allegamento del borgo S. Giuliano, ma si conseguiva un risultato di importanza vitale per la balneabilità. Infatti, immettendo i reflui nell'invaso, si sarebbe finalmente ottenuta (a differenza di quanto avviene oggi nel deviatore del Marecchia) la miscelazione dell'acqua dolce con quella salata, risolvendo in tal modo i due problemi che più affliggono i nostri fondali: quello della proliferazione della microalga sottocosta, e quello, strettamente correlato, della morte sul fondo della fauna marina, entrambi causati dalla "stratificazione".
Dopo lo smantellamento della Diga c'era da aspettarsi che i lavori iniziassero immediatamente. Se siamo una città balneare, la prima cosa da salvaguardare (lo comprendono anche i bambini) è la qualità del mare, anche per scongiurare il pericolo, se non dell'alga venefica tropicale che pare sia destinata a stazionare soltanto in Africa e dintorni, quanto meno di quell'alga tossica che la scorsa estate ha infestato alcuni tratti della costa marchigiana. Apprendiamo oggi dai giornali che questo intervento non rientra tra le priorità dei prossimi venti mesi di governo della città.
Eppure dopo la "Cronaca Malatestiana" del 6 luglio con la quale, illustrando gli studi dell'Ing. Danilo Pace e dell'Ing. Gastone Gamberini , avevo sollevato la questione, si era fatto vivo l'Ufficio Stampa di Alpina Acque s.r.l., il quale (dopo aver ricordato che "il Comune di Rimini già da tempo sta pensando alla salvaguardia della balneabilità della costa, avendo affidato alla predetta Società, un progetto idraulico di riqualificazione del Parco Marecchia") concludeva ribadendo il concetto che "non c'è più tempo da perdere". Dal canto suo l'assessore Andrea Zanzini, da me personalmente interpellato, mi ha confermato che la soluzione è già stata inserita nel Piano Triennale del Comune di Rimini, ma che, per ora "non ci sono i soldi".
A questo punto ho cominciato a innervosirmi. Non siamo tutti d'accordo sul fatto che per quanto riguarda la balneabilità "non c'è più tempo da perdere"?
Perché, dopo aver fatto già trascorrere quindici anni dalla soluzione proposta dai consulenti bolognesi, il progetto non è considerato ancora prioritario?
Perché i soldi per finanziare altre soluzioni molto più complesse e costose si trovano sempre?
Non è che anziché risanare il mare con poca spesa, finiremo per costruire faraoniche piscine sulla spiaggia?
Che significato ha la richiesta di fondi regionali per rendere i reflui idonei ad irrigare i campi (soluzione che, allo stato attuale della normativa appare difficilissima) quando il Canale Emiliano Romagnolo, con le sue acque supercontrollate, è già arrivato a Bellaria? E tale richiesta non si pone in evidente contraddizione con la citata riqualificazione idraulica di Alpina Acque?
E non esiste forse anche l'altrettanto costoso progetto di scaricare i reflui al largo della costa? Ed è vero che in tal caso la mancata miscelazione tra acqua dolce e salata dovuta ai bassi fondali non sarebbe considerata d'ostacolo in quanto verrebbero predisposti lungo la tubazione principale, tanti piccoli "diffusori" laterali? E' vero o no che il sale marino otturerebbe i forellini dei diffusori e che occorrerebbero ulteriori finanziamenti per la manutenzione di questi ultimi, con conseguente enorme lievitazione dei costi?
Perché "è sempre così difficile ottenere uno straccio di risposta anche sulle cose più semplici da amministratori e politici"-così come constatato da Simone Mariotti, (riprendendo la questione da me sollevata) in un graffiante pezzo apparso mercoledì 15 luglio su queste colonne?
Perché da noi, insomma, si fa tanta fatica a realizzare subito le cose buone che costano poco?
In definitiva tra i tanti progetti in cantiere, cosa intende fare (e quando!) il Comune di Rimini per recuperare la qualità delle acque di balneazione salvandole da eutrofia e anossia da depuratore?
Siamo in attesa di una risposta circostanziata per ciascuna di queste domande. Anche da parte dell'opposizione che, francamente, non mi sembra che, in tema di proliferazione algale, morte della fauna e colorazione del mare, si sia data sinora molto da fare, limitandosi a portare avanti la semisecolare questione della merda in mare dopo i temporali, causata dalla omessa duplicazione della rete fognaria.




 
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